Storia del fondatore

Don Silvio De Annuntiis nacque ad Alba Adriatica, in provincia di Teramo, il 21 aprile 1927.

Ancora piccolissimo, don Silvio viene in aiuto del padre sagrestano: prepara cuscini e funzioni, spia i gesti del padre nel servire la messa. La sua infanzia trascorre fra la chiesa, il mare, i viaggi in campagna dai clienti contadini, i materassi fatti in casa dalla mamma e i giochi sulla strada con i bambini. L’amore di don Silvio per i bambini e per la consacrazione alla Chiesa nasce proprio dalla sua infanzia: un’infanzia modesta e all’aria aperta, segnata dai riti e dalle feste religiose.

Fu così che a nove anni, don Silvio scrive una lettera al Vescovo Binni di Nola, che era già stato parroco, e al suo parroco, chiedendo di voler fare il missionario, Nel 1940, Silvio inizia così la sua avventura di prete. E’ l’esperienza di un’altra infanzia, quella spirituale, un’infanzia vissuta quando già l’Italia è entrata in guerra, in un paese del Nord, ad Albino in provincia di Bergamo, dove c’era un grande seminario con giovanissimi seminaristi. Per don Silvio è la scoperta di un altro mondo: arriva la fame, la rigidità dei superiori, la loro severità incomprensibile ai ragazzi. Era il periodo della grande fame, la fame che faceva raccogliere ai bambini anche le molliche sulle tovaglie.

In questa delicatissima fase di adolescente, don Silvio sperimenta tutte le debolezze e le angosce che ritroverà poi i nei suoi ragazzi: la voglia di farla finita, la voglia di scappare, la voglia anche di cambiar pelle, perché tutti lo prendevano in giro per la sua pelle scura. Ma vinse l’ostinazione, l’amore per lo studio, l’intelligenza, fino a quando la guerra, che oramai stava interessando tutta l’Italia, porterà Silvio sedicenne a tornare a casa.
Il viaggio da Albino ad Alba Adriatica nel 1943 fu avventuroso: con un po’ di pane nello zaino, un po’a piedi, un po’ in corriera, don Silvio attraversa in barca il Po. Ad Attenderlo a casa i suoi genitori e le sue sorelle, ma ci sono anche le bombe dei tedeschi.

Finita l’occupazione, don Silvio parte per Chieti, dove inizia a frequentare il seminario. Sono anni di grande studio e di grandi amicizie, anni di crescita spirituale, fino a quando diventa diacono nel 1952. Due anni dopo, nel 1954, Silvio viene ordinato sacerdote e “canta” la sua prima messa. Il giorno della prima messa, il 29 giugno 1954, resterà nella memoria familiare più profonda: ad Alba Adriatica arrivano circa 564 amici per il nuovo don Silvio.

Inizia in questo stesso anno anche la vita di parroco di don Silvio. Il Vescovo, come con i nuovi ordinati, lo manda in parrocchie sperdute fra le montagne. La prima parrocchia che gli assegna è quella di Poggio Umbricchio, un paesino piccolissimo del Gran Sasso, povero e solitario. Qui Silvio ritrova i suoi contadini, la gente umile che aveva amato nella sua infanzia: tanto è vero che la suo arrivo di notte una vecchia contadina lo accolse portando al nuovo parroco polli, uova, olio. Don Silvio la guardò, lesse nel suo cuore i suoi sacrifici e le disse: “Grazie per tutto quello che mi hai portato, ma credo che il Signore sarà più contento di me se tu questa sera riporterai a casa questi pochi frutti del tuo lavoro”. La contadina rimase costernata: era un prete davvero diverso da tutti gli altri.

Don Silvio a ventisette anni decise che quel mondo di ingiustizie, di sopraffazioni dei ricchi sui poveri, degli istruiti sugli analfabeti, doveva finire presto anche in quelle montagne. La prima cosa che decise di fare fu la ristrutturazione della chiesa. Fino a quel giorno nella chiesetta c’erano i posti d’onore riservati ai signori, una specie di pulpito all’aperto vicino al finestrone per quando era caldo e si poteva da fuori ascoltare la messa all’interno. Poi c’era la Pallantia, una specie di Cantoria interna dove potevano sedersi solo i signori. I contadini, invece, dovevano portare da casa la loro sediolina e accomodarsi nella chiesa. Don Silvio un giorno volle farla finita: prese una mazza di ferro e iniziò a demolire tutta la pallantia della chiesa. Fu fatto un gran rumore, che in mezzo alle macerie e alla polvere accorsero tutti, dicendo che il prete si era impazzito a distruggere il posto dei signori. Don Silvio non si scompose e disse loro: “Ecco finalmente ho ridato luce alla nostra chiesa”.

Nel 1955, dopo la processione del Corpus Domini a Senarica, don Silvio di ritorno con la sua vespa cade improvvisamente per strada. Sono i primi segni della sua malattia: a ventotto anni viene diagnosticato a don Silvio un tumore alla parte alta della colonna vertebrale. Cadendo dalla vespa, don Silvio rimane paralizzato e immobile alcuni mesi, fino a quando non si decide che è necessaria un’operazione delicatissima al Policlinico di Roma. Ma prima di essere operato don Silvio chiede a Padre Pio di essere ricevuto. Padre Pio lo riceve in confessione, si guardano a lungo, quasi a tracciare il loro futuro, e dopo aver ascoltato le angosce di don Silvio, gli dice: “Fratello, tu soffri, ma non muori”.

L’operazione fu lunga e difficile e segnò per sempre il suo corpo all’arto destro e alla schiena. Don Silvio trascorse così molti mesi su una carrozzina prima di poter ricominciare a camminare: fu in quella esperienza che imparò a guardare il mondo con gli occhi dei disabili, a vivere la vita dalla loro parte, a  sentirsi uno di loro. Non a caso qualche anno più tardi, don Silvio realizza il primo soggiorno estivo abruzzese per i bambini e i ragazzi disabili.

Dopo gli anni di parrocchia sul Gran Sasso (Poggio Umbricchio, Trignano, Colledara), intervallati dai numerosi viaggi negli Stati Uniti, in Africa, in America Latina, in Europa fra gli immigrati del Belgio e della Svizzera, il Vescovo decide di affidare a don Silvio una piccola parrocchia che sta rapidamente crescendo, quella di Scerne di Pineto. Don Silvio vi arriva nel 1968, trovandovi molte famiglie impegnate nel lavoro delle fabbriche che iniziavano a nascere. La loro prima richiesta è di aprire un asilo per i propri bambini. Don Silvio decide così di partire chiedendo un’udienza alla Madre Generale delle Suore di Loreto.

Quella Madre Generale si chiamava Madre Ester. Da quell’incontro di sensibilità e di spiritualità nasceranno tutte le successive opere per i bambini. La Madre Generale è così entusiasta del progetto di don Silvio, che gli invia subito tre suore e più tardi vi si trasferirà lei stessa. Nascono così in breve tempo tante iniziative: nel 1970 viene aperto l’asilo parrocchiale, nel 1972 iniziano i soggiorni estivi per i disabili, qualche anno dopo il primo nucleo di casa-famiglia per le mamme e i bambini.

Don Silvio porta una vera rivoluzione in parrocchia: apre un cineforum, coinvolge i giovani nel volontariato per le sue iniziative di solidarietà, inizia i primi convegni sulla famiglia. La Casa Parrocchiale diventa un centro sociale giovanile dove la carità, la cultura della solidarietà e dell’amore sono tangibili. Oggi Scerne di Pineto, con tutte le sue opere, è stata chiamata Cittadella della Solidarietà.

Inizia quindi la storia degli ultimi venti anni, che, come ha detto un autorevole esponente della Curia Vaticana, sfugge alle categorie razionali. Nel 1982, un imprenditore locale, Carlo Maresca, telefona a don Silvio, dicendo di voler costruire una casa per i bambini e le mamme e chiedendo di restare anonimo. Don Silvio chiama il Vescovo che propone la creazione di una Fondazione Diocesana: nasce così la Fondazione Maria Regina. Il resto è storia recente: Casa “Madre Ester”, un centro di tutela per i bambini, che ha ospitato circa 350 minori nei suoi otto anni, il “Nido del Focolare” di Isola del Gran Sasso, il Centro Riabilitativo Polivalente “Primavera”, le Case per ferie per il turismo sociale "Stella del Gran Sasso", la casa per bambini con patologie neuropsichiatriche "Debora", il dopo di noi per i disabili "CARA", il Centro Studi Sociali sull'Infanzia e l'Adolescenza e tanti altri piccoli e grandi progetti per i suoi bambini.

Forse il seme, gli sforzi, i sacrifici di 82 anni di vita ed oltre 50 anni di sacerdozio si specchiano e si ritrovano proprio negli occhi di quei ragazzi cresciuti che un tempo sono stati i bambini di don Silvio, e nella gioia di quei bambini che ogni giorno lo salutavano con i bacetti ed una stretta forte forte al collo.

Don Silvio De Annuntiis è morto nel Nido del Focolare di Isola del Gran Sasso, circondato dal calore dei suoi bambini e delle suore, l'8 marzo 2009.